Adriano dixit

ANIMULA VAGULA BLANDULA

Animula vagula blandula
Hospes comesque corporis,
Quae nunc abibis in loca
Pallidula rigida nudula,
Nec, ut soles, dabis iocos…

P. Aelius Hadrianus, Imperator




Animuccia vagabonda, leggiadra,
ospite e compagna del corpo.
In quali luoghi andrai ora
Tu pallida, fredda e nuda?
E non darai più gioia, come sei solita…

Imperatore, grazie.

I profughi di Adam Zagajewski

Piegati da un peso
che non sempre si vede
avanzano nel fango o nella sabbia del deserto,
chini, affamati,


uomini di poche parole dai pesanti caffettani,
adatti a tutte le stagioni,
donne vecchie dai volti sciupati
che portano qualcosa, un neonato, una lampada
– un ricordo – oppure l’ultimo tozzo di pane.


Può essere la Bosnia, oggi,
la Polonia nel settembre ’39, la Francia
otto mesi più tardi, la Turingia nel ’45,
la Somalia, l’Afghanistan o l’Egitto.
C’è sempre un carro, o almeno un carretto,
colmo di tesori (il piumino, la tazza d’argento
e il profumo di casa che presto svanisce),
un’auto senza benzina abbandonata nel fosso,
un cavallo (che sarà tradito), la neve, molta neve,
troppa neve, troppo sole, troppo pioggia,
e quel caratteristico curvarsi,
come verso un altro pianeta, migliore,
con generali meno ambiziosi,
meno cannoni, meno neve, meno vento,
meno Storia (purtroppo un simile pianeta
non esiste, resta solo il curvarsi).


Trascinando i piedi,
vanno lentamente, molto lentamente,
verso il paese da nessuna parte,
verso la città nessuno,
sul fiume mai.

Da Dalla vita degli oggetti.

Biblioteca Adelphi 590.

Avrei voluto essere

Quanto ti ho amato…
tu non lo saprai mai:
molto più dell’ape
che punge il suo fiore;
molto più della pioggia
che bagna il pineto.
Ti ho amato forse,
se mi è lecito dirlo,
più di quanto Dio
ami l’uomo.
E per amarti meglio
avrei voluto essere bella
come il silenzio
o come una sfera di stelle.
Ma le mie proprietà
erano miserevoli
e tremavo,
tremavo di passione
senza potertelo dire.

Alda Merini

L. A . Ovvero Lalla ovvero me

L

È la lettera del librarsi e liberarsi, della lucidità davanti al dolore.

È il liquido allontanarsi del linguaggio verso la lingua dei folli che ci slega.

È la lettera letta lentamente dall’inizio alla fine.

A

È la lettera dello stupore, la vocale che fa schiudere le labbra.

Quella del respiro e del sollievo.

Così araldica. Una torre sbarrata, un triangolo dalla base vuota.

Di Antonella Anedda da Il catalogo della gioia. Ed. Donzelli Poesia


Sono Lalla e dunque mi libro e respiro il lucido sollievo dal dolore, slegata e stupita. Lentamente svuotata. Libera.